PAP TEST

Pap-test

Il Pap-test è un esame citologico proposto per la prima volta da Papanicolaou nel 1943. Esso ha il compito di valutare la normalità delle cellule del collo dell’utero o, al contrario, di individuare le pazienti che sono affette da lesioni del collo dell’utero non ancora di tipo tumorale, ma con potenzialità evolutiva in senso francamente neoplastico. Tali lesioni vanno sotto il nome di Displasia. Il riconoscimento microscopico di tali lesioni (che non sono valutabili clinicamente e macroscopicamente) consente il loro trattamento, con interventi chirurgici molto limitati, e quindi conservativi della funzione dell’ utero, impedendo così la loro degenerazione in senso neoplastico. Si viene così ad attuare una vera prevenzione del cancro del collo dell’utero.

In presenza di anomalie segnalate dal Pap-test, è indicata l’esecuzione della Colposcopia.

Tale esame, che viene eseguito utilizzando uno strumento ottico (Colposcopio) e dei reagenti chimici (acido acetico e soluzione iodo-iodurata di Lugol), consiste nella valutazione della superficie del collo dell’utero e delle pareti vaginali, con ingrandimenti 10-20 X, alla ricerca di eventuali aree anomale su cui effettuare una biopsia mirata (eseguita cioè sotto guida colposcopica) per arrivare così a una diagnosi di certezza.

Modalità di esecuzione

Messo in evidenza il collo dell’utero mediante l’uso di uno speculum vaginale, si prelevano le cellule esocervicali (cioè di quella parte dell’ utero visibile attraverso la vagina) passando sul collo con una piccola spatola (spatola di Ayre). Il materiale prelevato viene quindi stratificato su un vetrino. 

Successivamente si introduce nell’endocervice (il canale che attraversa il collo dell’ utero) un piccolo spazzolino appositamente predisposto (cytobrush), e ruotando tale dispositivo si prelevano le cellule endocervicali. Anche queste vengono strisciate su vetrino. 

Quindi è necessario fissare (attualmente vengono usati dei fissatori spray) il materiale disposto sul vetrino per una sua opportuna conservazione fino al momento dell’esame. Al materiale prelevato si allega una scheda informativa con i dati della paziente (dati anagrafici, clinici, anamnestici) e si invia il tutto al Laboratorio Citologico dove verrà fatto l’ esame microscopico.

Nelle seguenti immagini viene illustrata la tecnica di esecuzione del Pap-test.

Dopo aver visualizzato il collo dell’ utero con lo speculum, si effettua dapprima il prelievo esocervicale (disegno di sinistra) e quindi il prelievo endocervicale (disegno di destra).

L’esame citologico in strato sottile, allestito con il metodo Thin-Prep, è stato approvato nel 1996 dalla FDA (Food and Drugs Administration) negli USA e si è quindi successivamente diffuso come il metodo più sensibile per lo screening del tumore del collo dell’utero.

 

Il medico esegue il prelievo dal collo dell’utero con la stessa modalità utilizzata per il comune Pap-test. Successivamente, invece di disporre il materiale su un vetrino da inviare all’esame citologico (come si farebbe con il tradizionale Pap-test), il medico immerge il materiale raccolto in un flacone contenente un liquido di conservazione e quindi lo invia al laboratorio. Qui il materiale subisce un processo di lavorazione che purifica il materiale stesso da elementi (cellule infiammatorie, sangue, muco, batteri) che potrebbero disturbare una ottimale leggibilità del preparato. In conseguenza di ciò è possibile esaminare il materiale con una accuratezza molto superiore rispetto a quanto è possibile fare con il Pap-test tradizionale, riducendo quindi il numero di referti dubbi, di non chiara interpretazione o inadeguati.

Un ulteriore vantaggio sta nel fatto che con la tecnica Thin-Prep è possibile eseguire sullo stesso materiale anche ulteriori tipi di esami, come ad esempio la tipizzazione virale per l’HPV. Ciò comporta minore disagio per la paziente, che con un unico prelievo può avere più esami: esame citologico delle cellule del collo dell’utero ed inoltre la tipizzazione virale per l’HPV. Ciò è particolarmente rilevante in considerazione del ruolo che ha l’HPV nello sviluppo dei tumori del collo dell’utero.

Fino agli anni ’80 i referti del Pap-test venivano descritti secondo la classificazione di Papanikolaou.

Questa si basa su 5 classi:

  • Classe I: striscio chiaramente benigno (normale);
  • Classe II: striscio con minime anomalie cellulari (infiammatorie), considerate benigne;
  • Classe III: striscio con evidenti anomalie cellulari (atipie), ma non chiaramente riferibili a neoplasia;
  • Classe IV: striscio “molto probabilmente” riferibile a neoplasia;
  • Classe V: striscio francamente maligno e quindi positivo per cancro.

Dal 1989 viene utilizzata la classificazione secondo il sistema Bethesda:

  • Normale;
  • Normale con alterazioni reattive;
  • S.I.L. di basso grado: Lesione Intraepiteliale Squamosa comprendente CIN 1 (displasia lieve) + HPV;
  • S.I.L. di alto grado: Lesione Intraepiteliale Squamosa comprendente CIN 2 (displasia media) e CIN 3 (displasia grave e carcinoma in situ);
  • Carcinoma squamoso;
  • Adenocarcinoma;
  • A.S.C.U.S.: cellule squamose atipiche di significato indeterminato;
  • A.G.U.S.: cellule ghiandolari atipiche di significato indeterminato.

Colposcopia

La Colposcopia è un esame che, grazie ad uno strumento ottico, denominato Colposcopio (costituito da una sorgente luminosa e un sistema di lenti) e alcuni reagenti chimici (acido acetico e soluzione iodo-iodurata di Lugol), consente di osservare, a ingrandimento e con un’intensa illuminazione, la superficie della vagina e dell’esocervice (porzione del collo dell’utero che sporge verso la vagina).

Tale metodica, ideata nel lontano 1924 dal ginecologo tedesco Hans Hinselmann, fu attuata con lo scopo di evidenziare delle forme precocissime di carcinoma del collo dell’utero, in uno stadio ancora privo di sintomi e invisibile a occhio nudo.

Successivamente, con l’evolversi delle conoscenze circa la storia naturale del cervicocarcinoma, la Colposcopia ha cercato di studiare tutte le tappe delle lesioni precancerose (displasie), cioè con potenzialità evolutiva dalla normalità fino ad una condizione francamente neoplastica.
Pertanto oggi, in seguito alla segnalazione da parte di un PAP-test di atipie cellulari, ad esempio di una Displasia o C.I.N. (Neoplasia Intraepiteliale Cervicale), la Colposcopia ha il ruolo di valutare le pareti vaginali e il collo dell’ utero, per eventualmente confermare l’ esistenza di immagini atipiche, la loro esatta localizzazione ed estensione.

Ciò costituisce una premessa indispensabile alla effettuazione di prelievi bioptici mirati (sotto guida colposcopica) che porteranno ad una precisa diagnosi istologica. La Colposcopia ha inoltre un importante ruolo nel fornire indicazioni circa la modalità di trattamento chirurgico più adeguata in ogni singolo caso.

  • In caso di Pap-test anormale;
  • valutazione delle Displasie cervicali (CIN);
  • per individuare eventuali lesioni non visibili in occasione della visita ginecologica;
  • utile controllo visivo per effettuare una biopsia mirata in caso di Pap-test anormale;
  • valutazione diagnostica di lesioni virali (condilomatosi – HPV) a livello cervicale, vaginale e vulvare;
  • controllo periodico in pazienti con precedenti patologie cervicali, eventualmente già trattate;
  • perdite ematiche dopo rapporti sessuali;
  • diagnosi e controllo di patologie cervico-vaginali in pazienti immunodepresse (per effetto di patologie o in corso di terapia immunodepressiva).

Osservazione colposcopica diretta. 

Con l’applicazione di uno speculum si evidenzia il collo dell’utero. In questa fase si osservano le caratteristiche macroscopiche della cervice ed in particolare la forma dell’orificio uterino esterno (lo sbocco all’ esterno del canale cervicale). Si osserva inoltre la eventuale presenza di secrezioni vaginali, che possono orientare ad esempio verso una vaginite micotica o batterica.

 

Osservazione colposcopica dopo applicazione di acido acetico al 3%. 

Con un batuffolo di cotone, si applica sul collo uterino una soluzione di acido acetico al 3%. Dopo circa venti secondi, se sulla cervice sono presenti delle aree anomale, si assiste alla comparsa di chiazze bianche uniformi o con disegno di punteggiatura e/o mosaico in corrispondenza di esse.

Osservazione colposcopica dopo applicazione di soluzione iodoiodurata di Lugol (Test di Shiller). Dopo applicazione di tale soluzione, l’epitelio dell’ esocervice assume una colorazione mogano se normale; le aree di lesione eventualmente presenti non fissano tale colorante e quindi rimangono chiare. Questo test consente pertanto di meglio definire i contorni e i limiti delle aree anomale.

Con la colposcopia ci si pone l’obiettivo di valutare l’epitelio squamoso che riveste l’esocervice e le pareti vaginali, l’epitelio cilindrico o ghiandolare che riveste l’endocervice (fin dove è possibile), e la giunzione squamo-cilindrica o squamo-colonnare (punto di passaggio tra i due epiteli).

Considerato che le lesioni displastiche sono più frequentemente localizzate in prossimità della giunzione, è di estrema importanza la valutazione di quest’ultima. Infatti viene definito insoddisfacente l’esame colposcopico che non riesce a valutare la giunzione. Ciò può verificarsi non necessariamente per motivi patologici; ad esempio può verificarsi nella donna in postmenopausa (per effetto di un restringimento del collo), o nella donna che non ha mai partorito, o nella donna che ha subito interventi chirurgici (ad es. conizzazione) sul collo dell’ utero, con conseguente retrazione cicatriziale.

Valutata la giunzione, si passa quindi a osservare le caratteristiche dell’epitelio squamoso esocervicale e quindi l’epitelio cilindrico nel tratto iniziale del canale cervicale (almeno fin dove è possibile). Su queste superfici si osserva la presenza di eventuali immagini che possono essere in relazione a lesioni displasiche o di tipo virale. Sono infatti spesso associate alle lesioni displasiche delle immagini significative di possibili infezioni virali, dovute all’ HPV (Human Papilloma Virus o virus dei condilomi). 

La individuazione e localizzazione di tali lesioni è una premessa indispensabile per poter effettuare una biopsia mirata (quando necessario) e per valutare le modalità di trattamento più opportune.

Per consentire una omogeneità di interpretazione, i risultati dell’ esame vengono descritti secondo una classificazione attualmente condivisa da tutti gli operatori (Classificazione Italiana 1990), e riportati su una apposita scheda che comprende anche un disegno del collo dell’utero, sul quale raffigurare con un’apposita simbologia il risultato dell’ esame.

L’HPV (Human Papilloma Virus)

L’HPV (Human Papilloma Virus) è responsabile di varie lesioni, comunemente note sotto il nome di condilomi, che si possono riscontrare a livello dell’apparato genitale inferiore femminile, nonché a livello genitale maschile.

  • Come si trasmette l’HPV

L’HPV si trasmette prevalentemente con l’attività sessuale. Oggi si ritiene che l’infezione da HPV sia una delle più comuni malattie sessualmente trasmesse. 

 

La sua massima incidenza si ha nelle persone di età compresa tra i 20 e i 40 anni. È anche nota la possibilità di trasmissione dell’HPV mediante oggetti (ad esempio biancheria) che siano venuti a contatto con persone infette.



  • Cosa provoca l’HPV

Le manifestazioni dell’HPV possono essere variabili a seconda dei distretti anatomici interessati. Le lesioni che si sviluppano a livello della cute perineale e perianale, e quelle che si sviluppano a carico di vulva e vagina sono visibili a occhio nudo (vengono pertanto definite lesioni condilomatose clinicamente evidenti) e vanno sotto il nome di condilomi. Questi hanno l’aspetto di lesioni rilevate, verrucose, di dimensioni variabili, singole o plurime.



A livello del collo dell’utero solitamente le lesioni di tipo condilomatoso non sono visibili ad occhio nudo, ma per essere riconosciute richiedono l’esame colposcopico (vedi la pagina sulla Colposcopia). Spesso a livello del collo dell’utero le lesioni da HPV si associano a lesioni di tipo displasico (CIN o Neoplasia Cervicale Intraepiteliale, oppure SIL o Lesione Intraepiteliale Squamosa). La condilomatosi a livello cervicale per il fatto di non essere visibile a occhio nudo viene definita subclinica. 

 

Come si fa la diagnosi di HPV

Alla diagnosi di infezione da HPV si può giungere attraverso diverse metodiche.

  • Diagnosi clinica

Le lesioni che si sviluppano a livello della cute perineale e perianale, che vanno sotto il nome di condilomi, sono riconoscibili a occhio nudo in occasione della visita ginecologica. Per una loro più accurata valutazione è di aiuto la vulvoscopia (esami della vulva con l’ausilio del Colposcopio).

  • Pap-test e Colposcopia

Le lesioni da HPV localizzate sul collo dell’utero non sono visibili a occhio nudo, ma possono essere identificate con altri mezzi: PAP-test (citologia), Colposcopia, biopsia, immunoistochimica.

Il Pap-test permette di identificare i coilociti. 

 

Vanno sotto questo nome le cellule cervicali che manifestano all’esame microscopico delle alterazione dovute all’azione del virus HPV. Inoltre il Pap-test segnala se oltre alla coilocitosi sono presenti cellule di tipo displasico (Displasie, oppure CIN, oppure SIL).

 

La Colposcopia permette di valutare sul collo dell’utero l’esistenza e la localizzazione delle lesioni segnalate dal Pap-test, e quindi consente di individuare con precisione la sede su cui effettuare una biopsia mirata che porterà, con l’esame istologico, alla diagnosi definitiva.



  • Test HPV

Si tratta di un test che permette di rilevare la presenza del virus HPV prima ancora che le cellule del collo dell’utero presentino alcun cambiamento visibile. Questo test consente pertanto di identificare con grande anticipo le donne a rischio di cancro del collo dell’utero.



Un test HPV positivo non vuol dire che una donna svilupperà un cancro della cervice uterina, ma fornisce ulteriori informazioni su potenziali rischi e raccomanda quindi di effettuare controlli più accurati. È quindi possibile riconoscere in anticipo qualsiasi segno di sviluppo della malattia con conseguente possibilità di fare un trattamento efficace.

 

Per effettuare il test HPV, si preleva un campione di cellule dal collo dell’utero allo stesso modo che per il Pap test. Il campione viene quindi immerso in un liquido per essere poi trasportato al laboratorio dove verrà analizzato.

 

Le ricerche evidenziano che il metodo più efficace per rilevare ad uno stadio iniziale i segni di un cancro del collo dell’utero consiste nell’eseguire un Pap-test insieme ad un test HPV. È stato dimostrato che questo approccio combinato consente di rilevare circa il 97% delle malattie del collo dell’utero di grado elevato.

 

Un Pap-test negativo (cioè normale) insieme ad un test HPV negativo garantisce al 99% di correre un rischio veramente minimo di avere o sviluppare un cancro del collo dell’utero e consente di ritornare a ripetere lo screening (Pap-test) agli intervalli di routine.

 

Dal punto di vista pratico il test HPV può particolarmente essere utile nelle seguenti condizioni:

  • come integrazione nello screening di donne con più di 35 anni. Infatti oltre questa età è molto probabile che la presenza di virus HPV al alto rischio sia indicativa di infezione persistente ad alto rischio di degenerazione verso lesioni gravi del collo;
  • quando si hanno risposte del Pap-test dubbie o lievemente alterate le cui cause, a volte, non sono chiare nemmeno con la colposcopia, e la cui possibile evoluzione non è prevedibile;
  • per un controllo nel tempo (il cosiddetto follow up) di donne che hanno ricevuto trattamenti medici o chirurgici per lesioni del collo. In questo caso il test HPV è indispensabile per valutare la possibile persistenza dell’infezione virale con possibilità di recidiva della malattia.
  • Terapia


La terapia delle lesioni da HPV sarà variabile secondo il tipo e la sede delle lesioni da trattare.

I condilomi presenti a livello di perineo, vulva e vagina vanno distrutti mediante diatermocoagulazione con elettrobisturi o mediante vaporizzazione con laser. In occasione del trattamento è opportuno prelevare qualche condiloma da sottoporre ad esame istologico per una conferma della diagnosi.

Per quanto riguarda le lesioni a livello del collo dell’utero è determinante l’eventuale associazione di una displasia e il grado di quest’ultima (lieve, moderata o grave). Nel trattamento di queste lesioni è sempre raccomandabile poter effettuare l’esame istologico di tutta la lesione asportata. 

Pertanto sono sconsigliati quei metodi di trattamento che mirano alla distruzione della lesione (diatermocoagulazione o vaporizzazione laser) senza possibilità di esame istologico. Sono invece da preferire quei trattamenti che consistono nella escissione di tutta la lesione (ansa diatermica, conizzazione o laser-conizzazione) e possibilità quindi di un suo esame istologico.

 



  • Prevenzione

Essendo l’HPV trasmesso il più delle volte attraverso l’attività sessuale, la prevenzione si basa su un comportamento sessuale attento nel prevenire ogni genere di infezioni. In particolare si raccomanda l’uso del profilattico in occasione di rapporti sessuali con persone infette e in caso di rapporti sessuali occasionali.



Inoltre, per il precoce riconoscimento delle infezioni da HPV e la prevenzione delle lesioni ad esso associate (displasie) è fondamentale un regolare controllo con il Pap-test e, quando necessario, con la Colposcopia.



  • Vaccino


Da alcuni anni è disponibile un nuovo vaccino efficace nella protezione verso il virus HPV, e quindi utile nella prevenzione del cancro del collo dell’utero.

È ormai noto che il virus HPV può essere responsabile di lesioni a livello del collo dell’utero (displasie) in grado di evolvere nel corso degli anni verso il cancro del collo dell’utero.

Il vaccino è in grado di prevenire totalmente l’insorgenza di queste patologie ma anche di quelle causate dai tipi di Papillomavirus Umano 6 e 11, responsabili delle lesioni di basso grado al collo dell’utero, alla vulva e alla vagina e dei condilomi genitali.

Questo nuovo vaccino, già disponibile in farmacia, potenzia le difese del sistema immunitario contro i ceppi di Papillomavirus umano “cattivi” ovvero “ad alto rischio” (tipi 6, 11, 16 e 18) prevenendo l’insorgenza di tutte queste patologie.

Ma chi si può vaccinare? Le indicazioni del vaccino riguardano tutte le donne dai 9 ai 26 anni. Questo vuol dire che, chiunque si trovi in questa fascia d’età, potrà farsi vaccinare dal proprio medico, acquistando il vaccino in farmacia. Il prezzo è di circa 180 euro a dose. La protezione totale si raggiunge con tre dosi, da somministrare seguendo un intervallo di tempo di 2 e 4 mesi dalla prima dose.

In Italia la novità è che per le dodicenni il vaccino è gratuito. A questa età, è raro che una bambina abbia contratto il virus, perché il contagio avviene per contatto intimo o per trasmissione sessuale. Ecco perché il Ministero della Salute ha avviato un programma di vaccinazione gratuito per le ragazze di 12 anni che saranno chiamate dalla propria ASL a vaccinarsi.

contatti

Gyneconline.Net

Dr. Giovanni Zerlotin Specialista in Ginecologia e Ostetricia
Prenota ora tramite consultando l’agenda potrai trovare l’appuntamento più comodo per te!
Recapiti

Centro Medico
Fiemme

Via Monte Mulat 17/A
38037 Predazzo (TN)
Tel. 0462 502533

Centro Medico
Salute di Cles

Viale A. De Gasperi 65
38023 Cles (TN)
Tel. 0463 424579

Centro Servizi
Sanitari di Trento

Via Lunelli 32
38121 Trento
Tel. 376 1315268